Lettera alle parole, Ilaria Biondi (novità 2018)

ISBN 978-88-99823-31-3 Un allegro e dolce cadeau che Ilaria Biondi scrive per i bambini. Una lettura ideale da fare in prima persona o da farsi leggere e da colorare. Adatta per tutti ed in particolar modo per i bambini dai 4-5 ai 7 anni. L'opera "Lettera alle parole" è accompagnata da preziosi disegni creati abilmente dalla disegnatrice Serena Mandrici. I disegni in bianco e nero si offrono ai bimbi per essere colorati e per passare in loro compagnia attimi di dolce e genuina spensieratezza.

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Come tutte le pubblicazioni della collana Spille da Balia di FaLvision Editore anche questa è pubblicata nel formato 15x15 ed è scritta utilizzando un font ad altissima leggibilità per facilitare nella lettura chiunque, dsa compresi.

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6,00 €

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Lettera alle parole, Ilaria Biondi, edizione Braille

ISBN 978-88-99823-34-4 collana Spille da Balia edizione Braille. Disegni tattili, pagine 44, rilegatura a spirale. Trascrizione braille a cura di Francesca Piccoli.

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9,00 €

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Abbiamo fatto due chiacchiere con Ilaria Biondi, scopriamola insieme...

 

D.: Ciao Ilaria, come stai? Ti vedo sempre super impegnata...

R.: Molto bene, grazie! Gli impegni e il movimento mi danno energia, non riesco a stare ferma, devo avere sempre il cervello in moto, sennò mi annoio. 

D.: Hai pubblicato molti libri in questi anni. Questa è la prima pubblicazione per FaLvision Editore, onestamente ci auguriamo che possa essere la prima di tante altre. Cosa ti ha spinto a scrivere un libro per i più piccini?

R.: Anche io spero di continuare questa bella avventura con voi, il vostro entusiasmo è contagioso. Cosa mi ha spinto a scrivere la Lettera? Diciamo che sono stata “costretta”… quelle rompiscatole delle Parole mi entravano nei sogni ogni sacrosanta notte chiedendomi di farle diventare le protagoniste di un libro per bambini e io ho dovuto accontentarle (anche perché, se non dormo almeno otto ore per notte, l’indomani sono io una vera scocciatura per chi mi sta intorno).

D.: Parlaci liberamente di te, del tuo lavoro, dei tuoi studi, ma anche dei tuoi hobbies.

R.: Insegno, traduco, gioco con i bambini (cosa che in teoria sarebbe un lavoro, ma che in realtà per me è uno splendido hobby), cammino nei boschi, coccolo i miei animali (due gatti e un cane ai quali si aggiungeranno presto una capretta tibetana, un asino e forse una mucca, come dire che fra non molto vivrò in un piccolo zoo), fotografo fiori, parlo con gli alberi, leggo sempre e ovunque (anche in bagno, ci tengo a precisarlo, se si può dire!), frequento un corso di danzaterapia, imbratto mobili di bianco, mi perdo nella musica, canto anche se sono disperatamente stonata, amo stare in ascolto delle lingue straniere (soprattutto di quelle che non conosco), ballo il valzer (più o meno con lo stesso non-talento con cui canto), raccolgo sassi, ghiande e foglie, nascondo biglietti con poesie nei tronchi di piante secolari, gioco con le parole, scrivo, scrivo, scrivo sempre e ovunque (con la penna, con matite sgranocchiate, su fogli strappati e scontrini, perciò mi porto sempre appresso un pezzo di carta, non si sa mai…). Sono curiosa, mi piace esplorare, cerco le piccole bellezze nascoste, sono un’inguaribile innamorata della vita.  

D.: Ti piacciono i colori? Te lo chiedo perché sto per farti un piccolo test sui colori a cui spero vorrai rispondere divertendoti. Se ti dico 5 colori: indaco, rosa, verde, arancione, rosso tiziano, che sensazioni, emozioni, pensieri, ricordi ti vengono in mente?

R.: Certo che mi piacciono, e moltissimo. Non hai citato l’azzurro, che è il mio colore preferito, ma sarò clemente e risponderò ugualmente alle vostre domande! Vediamo un po’… all’indaco associo la leggerezza, il tramonto di giugno e il profumo delicato che portava la mia nonna; il rosa è un colore confettoso, come una carezza che sa di zucchero filato e mi ricorda la mia infanzia anni Ottanta (lo associo al testone della cagnolina Poochie, che mi piaceva tantissimo); il verde è il mio secondo colore preferito (perciò in qualche modo vi siete salvati in corner!) ed è il respiro che mi accompagna ovunque: foglie, alberi, steli dei fiori, muschio, ma anche la superficie dell’acqua (pur essendo donna d’Appennino, provo un richiamo istintivo per il mare); l’arancione mi dà energia ed è un colore morbido e goloso, perché mi fa pensare alle arance, di cui vado pazza, e alla marmellata di albicocche, che preparo ogni estate (avete presente il pentolone che bolle nel cortile, per ore e ore, un po’ come fanno le streghe?); il rosso tiziano è il colore dei bellissimi capelli di una cara amica (che le invidio tantissimo, ma di un’invidia buona), delle spighe di grano al crepuscolo, dei prati in ottobre, dei biscotti con la crema di burro e zucchero intinti nell’alchermes che mi preparava la mia nonna e di cui facevo tremende scorpacciate.

D.: So che scrivi poesie, tra le altre cose. Hai mai pensato di scriverne per i più piccini?

R.: La poesia è per me una grande, bellissima, irrinunciabile ossessione. Ogni giorno leggo e scrivo versi. Con i bambini, che sono istintivamente portati a giocare con le parole, mi diverto a “poetare”, rapita e incantata dal loro stupore nei confronti del mondo. Per rispondere alla tua domanda, vi svelerò un piccolo segreto in un orecchio: work in progress… 

D.: Cosa non scriveresti mai? Quale mondo letterario non potrà mai appartenere ad Ilaria?

R.: Ora come ora il Fantasy, che proprio non riesce a catturarmi, però io non pongo mai limiti alla provvidenza, perciò mai dire mai!

D.: La tua scrittura preferita qual è?

R.: Di sicuro da qualche anno a questa parte leggo in prevalenza scrittrici (di ogni epoca e latitudine), ma non ho una scrittura preferita, né preclusioni particolari. Diciamo che seguo sempre molto l’istinto, sono una lettrice anarchica!

D.: Il peggior libro che hai letto sinora? So che tutti tendete a non dirlo, ma tutti noi abbiamo letto libri che proprio non consiglieremmo al nostro peggior nemico... il tuo qual è?

R.: Mi viene difficile dirlo, non per ritrosia, ma perché quando un libro non mi piace rivendico il diritto “alla Pennac” (che è uno dei miei miti, fra parentesi) di non terminarlo. Però, a ben pensarci, ce n’è uno che ho dovuto leggere per intero per un corso all’università e che non rileggerei neanche sotto tortura: Neuromante di William Gibson. 

D.: Il più bel libro che hai letto?

R.: Questa scelta è ancora più difficile, non riuscirei a citarne solo uno. Limitando il campo agli ultimissimi anni, un libro che mi è rimasto particolarmente nel cuore (a pari merito con la serie di Anne Shirley alias Anna dai Capelli Rossi, alias Anne di Green Gables, alias Anne di Tetti Verdi di Lucy Maud Montgomery) è L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio.

D.: Che musica ascolti?

R.: Sono stata nutrita a pane, prosciutto, Parmigiano e grandi miti musicali degli anni Sessanta e Settanta (sopra a tutti Beatles, Pink Floyd e Doors). Poi, come dice mio fratello (che del nutrimento di cui sopra è il principale responsabile), mi sono rovinata le orecchie con il Pop anni Ottanta (hai presente gli Wham, i Duran Duran e gli Spandau Ballet?). In mezzo a queste due rive contrapposte ci sta di tutto: Heavy Metal (AC / DC) e Hard Rock, Liscio in puro stile emiliano (ma anche romagnolo, suvvia!), che a noi scorre nelle vene come del buon lambrusco, tanta musica italiana d’autore (per limitarmi a qualche esempio, cito Nomadi, De André, Guccini, Dalla, Fiorella Mannoia, Carmen Consoli, il Liga, Elisa Toffoli), musica classica (Chopin, Bach, Vivaldi, Wagner e Mozart soprattutto), arie d’opera (in primo luogo il nostro amatissimo Verdi), Ludovico Einaudi e, per chiudere, musica francofona contemporanea. Un bel fritto misto, non c’è che dire!  

D.: La storia che avresti voluto scrivere e che non sei mai riuscita ad iniziare... c'è?

R.: A dire il vero no. Però ho tanti progetti che mi frullano in testa e che sono lì, ai blocchi di partenza, ma non hanno ancora visto la luce (e forse mai la vedranno, chi lo sa). Per non farli volare via, però, me li appunto oppure ne faccio un piccolo disegno in un quaderno speciale, il “Quaderno delle idee” e ogni tanto do una sbirciatina, per vedere se ci sono ancora e se hanno voglia di raccontarmi qualcosa di loro.

D.: Abbiamo quasi finito ma prima vorrei sapere ancora da te cosa pensi della Letteratura italiana degli ultimi vent'anni?

R.: Per limitarmi a qualche brevissima osservazione, perché il discorso sarebbe lungo e complesso, penso che, oltre ad alcuni autori e autrici che hanno saputo emergere e fare apprezzare il loro talento (pensando alla mia città, Parma, mi vengono in mente due penne di grande bravura come Guido Conti e Valerio Varesi), ci sia un vivacissimo “sottobosco” di voci nuove che meritano di essere ascoltate e scoperte e che, con fatica, coraggio, tenacia e devozione, cercano di ritagliarsi un piccolo ma dignitoso spazio nel complicato Mare Magnum della scrittura. Senza piaggeria né retorica, ma con grande sincerità mi sento di dire che la piccola e media editoria, alla quale anche voi appartenete, merita un grande plauso, perché rischia e si mette in gioco scommettendo spesso sulle opere di autori sconosciuti o poco noti, laddove l’editoria cosiddetta blasonata continua ad investire solo su nomi certi e su opere che hanno già ottenuto vasti consensi, a livello nazionale quando non internazionale. 

D.: Un'ultimissima domanda e poi, giuro, ho finito... Quanto è importante la punteggiatura nella scrittura in lingua italiana e un'ultimissima sfida (sì lo so avevo appena detto che era l'ultima domanda, ma io dico spesso le bugie ed infatti ho il naso lungo e le gambe corte), ci scrivi una frase di 3 righi con due punteggiature differenti in modo da far notare che cambiando l'ordine degli addendi, il risultato, in lingua italiana, spesso, cambia!?

R.: Mi perdonate se non uso farina del mio sacco ma recupero spudoratamente un esempio che ci fece la maestra alle Scuole Elementari, quando ancora si chiamavano così (nell’Età della Pietra, praticamente)? Non ricordo esattamente l’aneddoto (l’età fa brutti scherzi…), ma più o meno suonava così: di fronte all’ennesimo strafalcione di Pierino (sempre lui!), che ha preso un votaccio nel compito in classe (quando ancora si chiamava così) sulla punteggiatura, il maestro scrive alla lavagna la frase “Pierino ha detto: il maestro è un asino”. Pierino si risente e afferma che non intendeva affatto dire una cosa così offensiva. Allora il maestro corregge la punteggiatura della frase alla lavagna in questo modo: “Pierino, ha detto il maestro, è un asino”. Non ricordo però come abbia reagito a quel punto il povero Pierino, il discolo delle barzellette che ha sempre rappresentato un po’ tutti noi, la nostra parte ribelle e un po’ asinella!